martedì 25 dicembre 2007

definizione di natale

natale:Inutile celebrazione in cui ci si ubriaca ci si abbuffa si scambiano regali riciclati,ma soprattutto s sta cn la famiglia(nucleo di persone ke si odiano + persone viste due o max 3 volte in tutta la tua vita!!!)mmm...bello!!!voglio ancora natale...wow

venerdì 12 ottobre 2007

piero ricca

Ieri sera in tv il sottosegretario alla giustizia Scotti, ex magistrato e persona perbene, ha assicurato che il provvedimento disciplinare contro il sostituto procuratore di Catanzaro Luigi De Magistris, impegnato in inchieste scomode e comunque sottoposte alle verifiche procedurali, è stato chiesto per gravi e fondati motivi. Il Consiglio Superiore della Magistratura sarà chiamato presto a esaminarli e potremo farcene, questo almeno è l’auspicio, un’opinione più precisa. Ma occorre vigilare. Ed è giusto non lasciare solo questo magistrato. Contesto e precedenti inducono a sospettare che la sua vera colpa sia aver disturbato il manovratore.Pubblico la lettera di Michele.
Caro Piero,
già sai benissimo che lo Stato Italiano, nella persona del Ministro di Casta e Giustizia, Clemende Mastella ha chiesto al Consiglio Superiore della Magistratura il trasferimento del Sostituto Procuratore di Catanzaro Luigi De Magistris. C’è, come in ogni storia, una motivazione reale e un pretesto. La motivazione reale è che ha iscritto nel registro degli indagati Mastella (per gli amici Pastella), e Romano Prodi, per qualche losca vicenda di commistione tra affari e politica. Il pretesto, una grave e reiterata inadempienza procedurale: non aveva messo le virgole al posto giusto sul testo di alcuni atti processuali. Rimando alla visione dell’ottima puntata della trasmissione Annozero di Michele Santoro del 4/10/2007, disponibile sul sito, per saperne di più.In realtà, la cosa che più stupisce non è questo modo di comportarsi della nostra politica, in fondo le pressioni e i trasferimenti di funzionari corretti costituiscono una prassi nel nostro Paese. Tutt’altro che abituale è vedere tanti giovani meridionali che si stringono intorno ad un magistrato che fa il proprio dovere. E’ stato commovente; un chiaro segnale che qualcosa nelle nostre teste sta cambiando.Il Sud vuole e deve tornare a sperare. Per farlo ha bisogno di uno Stato presente sul territorio, e il trasferimento di un magistrato per il fatto che indaghi su fondi europei scomparsi e società di malaffare è un pessimo segnale. Un segno che lo Stato vuole solo tutelare i suoi peggiori funzionari mantenendo in tal modo il Mezzogiorno nel suo degrado istituzionale. L’otto ottobre, quando il CSM si pronuncerà sul trasferimento di De Magistris, dovremmo tutti stringerci intorno a lui. Io darò un volantino con la sua storia all’Università, affinché la gente sappia quali sono le pressioni che un magistrato è costretto a subire in questo paese quando viola, con le sue indagini, il santuario della casta. Massima solidarietà all’uomo e al magistrato Luigi De Magistris.Firmate l’appello per Luigi De Magistris.
Saluti, Michele Di Mauro
Dai più diversi pulpiti si susseguono dichiarazioni favorevoli a una “grande riforma” della Costituzione. Esse contribuiscono a trasformare in senso comune questa discutibile opinione: il Paese è bloccato, spezzato, esige da troppi anni una riforma della Costituzione che lo renda governabile, efficiente e moderno. Non sono d’accordo e mi sento in diritto-dovere di dirlo dopo aver dato l’anima per far vincere il NO alla sciagurata riforma Bossi-Fini-Berlusconi. Propongo di ribadire fino a trasformare in patrimonio condiviso delle persone ragionevoli questi semplici concetti:
- Il 25 giugno 2006 la gran maggioranza dei votanti ha confermato fiducia alla vigente Costituzione, dicendo NO alla “devolution”, al “premierato forte” e al resto. Occorre rispettare questa decisione.- Prima di essere cambiata, la Costituzione italiana merita di essere difesa, rispettata e attuata. per esempio con riguardo allo status dei partiti (art. 49).- Le priorità dell’Italia sono di ordine morale e politico, non costituzionale.- Può essere necessario provvedere a qualche aggiornamento della Carta, ma in punti specifici, con ampio dibattito nella società e attraverso le procedure ordinarie, previste dall’articolo 138 della Costituzione medesima.- Viceversa non ci sono le condizioni, né storiche né politiche, per metter mano a una “grande riforma delle regole” attraverso apposite commissioni parlamentari o addirittura assemblee costituenti.- Il rischio di nuovi inciuci è dietro l’angolo. Meglio non concedere nuove occasioni ai barattieri.

sabato 21 luglio 2007

due eroi inconsciamente...falcone e borsellino

Un binomio inscindibile (di Francesco La Licata)
Falcone e Borsellino: due nomi, un solo luogo del nostro immaginario collettivo, a testimonianza di una tragedia che ha colpito tutti, un intero popolo. E' difficile scindere questo binomio, impossibile parlare di Giovanni, senza immediatamente ricordare Paolo. Nella nostra mente si è insediato un automatismo che sarà difficile rimuovere. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino erano uniti in vita, legati da un “mestiere” che per loro era missione: liberare la società civile dall'oppressione di una “mala pianta”- la mafia - che nasce, vive e prospera nello stesso umore nutritivo prodotto dalla Sicilia. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono ora inscindibili nella nostra memoria. Come accade per quanti diventano simbolo contro la loro stessa volontà, eroi soltanto per aver voluto esercitare il diritto di affermare le proprie idee, per aver rifiutato la via facile dell'accomodamento e del quieto vivere. La loro fine, orribile e tragica, li ha fusi insieme. Così che oggi, quasi naturalmente, il viaggiatore che si avvicini alla Sicilia sentirà i loro nomi prima ancora di mettere piede nell'Isola. Al momento dell'atterraggio sarà la voce del comandante ad informare che “tra pochi minuti atterreremo all'aeroporto Falcone - Borsellino”. I siciliani, i siciliani onesti amano quei magistrati caduti a meno di due mesi l'uno dall'altro. I mafiosi li rispettano, come li temevano quando erano vivi. (...)I colpi subiti dai collaboratori di giustizia, i pentiti. “Invenzione” di Giovanni Falcone, quando nessuno osava soltanto pensare alla eventualità che uno strumento rivelatosi essenziale contro il terrorismo potesse risultare praticabile nella lotta alla mafia. Falcone portò in Italia un Buscetta pentito che doveva aprire la strada al ripensamento di tanti altri boss come Salvatore Contorno, Nino Calderone e Francesco Marino Mannoia. Bastò questo per segnare tanti punti, innanzitutto l'esito del primo maxiprocesso: una disfatta per Cosa Nostra.
Già, il maxiprocesso. Fu forse allora che Falcone e Borsellino firmarono la loro condanna a morte. Cosa Nostra capì che non ci poteva essere convivenza tra i propri interessi e quei due magistrati che parlavano in palermitano, capivano il linguaggio cifrato del “baccaglio” mafioso, si muovevano perfettamente a loro agio tra ammiccamenti, sguardi, segni apparentemente enigmatici, bugie e “tragedie” inesistenti, ordite semmai dal nulla per giustificare reazioni cruente. I due ex ragazzi della Kalsa, che in gioventù avevano giocato al calcio con coetanei poi “arruolati” dai boss, si ritrovavano insieme a contrastare un mondo che conoscevano e capivano per-
fettamente per averne trafugato, a suo tempo, la chiave di lettura. Per questo poterono dialogare coi collaboratori, riuscirono ad ottenerne la fiducia offrendo in cambio la semplice “parola d'onore” che avrebbe fatto tutto il possibile per aiutarli. Eppure Falcone e Borsellino non dovevano vedersela solo coi “bravi ragazzi” che maneggiano pistole, eroina e tritolo. La storia della vita e della morte di questi due eroi siciliani non lascia spazio a dubbi e ambiguità: Giovanni e Paolo non erano molto amati neppure nelle stanze che contano. Ovvio, si trattava di ostilità che si manifestava in modo diverso. Eppure quella ostilità pesava esattamente quanto le pallottole.
A Giovanni Falcone fu riservata prima la tagliente ironia del Palazzo di Giustizia di Palermo, poi la saccente campagna di stampa contro la presunta smania di protagonismo, quindi un vero e proprio “sbarramento” che gli avrebbe precluso il naturale ruolo di coordinatore delle inchieste sulla mafia. Analoghe difficoltà avrebbe poi incontrato Borsellino durante la sua permanenza a Palermo, dopo l'esperienza di Marsala, nella stanza di procuratore aggiunto.Una marcia lenta - quella di Falcone - verso la delegittimazione, fino al tritolo di Capaci, passando per l'inquietante avvertimento dell'Addaura (attentato fallito del giugno 1989) che si saldava con le “bordate” anonime degli scritti del “Corvo”. Quando Falcone salta in aria, Paolo Borsellino capisce che non gli resterà troppo tempo. Lo dice chiaro: “Devo fare in fretta, perché adesso tocca a me”. Nessuna fantasia di tragediografo ha mai prodotto nulla di simile. A rileggere, oggi, gli ultimi movimenti, le ultime parole di Paolo Borsellino, ci si imbatte in un uomo cosciente della propria fine imminente, perfettamente consapevole persino del possibile movente, eppure incapace di tirarsi indietro. Forse speranzoso di potercela fare, forse rassegnato ad una morte che in cuor suo “doveva” al suo amico Giovanni. (...)
Francesco La Licata è nato a Palermo. Ha cominciato a fare giornalismo nel 1970 nella redazione del quotidiano "L'Ora", diretto da Vittorio Nisticò. Si è sempre occupato di mafia, giustizia e - più in generale - di tutta la problematica relativa alla realtà siciliana e meridionale. E' stato testimone delle tragiche vicende palermitane che hanno segnato l'ultimo quarto dì secolo: dall'assassinio del procuratore Pietro Scaglione (1971), alle stragi di Capaci e via D'Amelio (1992), fino agli attentati di Roma, Firenze e Milano, alla cattura di Totò Riina, Nitto Santapaola e agli ultimissimi sviluppi della storia di Cosa Nostra con l'arresto dei boss (Aglieri, Brusca etc.) e la corsa al pentitismo.Ha lavorato - dopo aver lasciato "L'Ora" nel 1976 - presso la redazione del "Giornale di Sicilia" allora diretta da Fausto De Luca, collaborando da Palermo con i settimanali "L'Espresso" ed "Epoca".Dal 1986 scrive, prima da Palermo e successivamente (1989) come inviato, per il
quotidiano "La Stampa", chiamato dal direttore Gaetano Scardocchia. Per "La Stampa" ha raccontato l'evolversi della tragica catena di sangue voluta da Cosa Nostra ma anche altre storie significative come la piaga dei sequestri dì persona in Calabria o la prima invasione albanese del 1991. Per la Tv ha realizzato numerose inchieste, storie di mafia ed interviste. Ha lavorato per Mixer.Ha scritto Rapporto sulla mafia degli Anni '80, editore Flaccovio, in occasione della storica svolta rappresentata dal primo maxiprocesso a Cosa Nostra. Dopo la strage di Capaci, ha scritto una Storia di Giovanni Falcone (Rizzoli), col contributo delle sorelle del giudice assassinato, con il quale il giornalista ha avuto un rapporto di amicizia che andava oltre la reciproca stima professionale. Il libro si è rivelato un successo editoriale del 1993. Nello stesso anno, l'editore Flaccovio ha pubblicato Falcone vive riproponendo una intervista al giudice realizzata da Francesco La Licata insieme coi colleghi L. Galluzzo e Saverio Lodato nel 1986

venerdì 20 luglio 2007

Il decreto legge sulla droga
Febbraio 2006 -Niente più distinzione tra droghe leggere e pesanti, sanzioni amministrative per chi fa uso di stupefacenti, pene dai 6 ai 20 anni per traffico e spaccio di droga. Queste in sintesi le novità introdotte dal decreto legge che contiene "Disposizioni per favorire il recupero di tossicodipendenti recidivi" approvato in via definitiva l’8 febbraio 2006 dalla Camera dei Deputati.

Ecco in dettaglio le novità

Abolizione distinzione tra droghe leggere (come Marijuana, Cannabis, Hashish) e droghe pesanti (come cocaina, eroina)
Il consumo di qualsiasi sostanza viene punito con una sanzione amministrativa. Spetta a chi viene trovato con una dose che rientra nella quantità considerata "ad uso personale". Le sanzioni prevedono: ritiro patente, del passaporto o del permesso di soggiorno per gli stranieri
Pene dai 6 i 20 anni di carcere per traffico e spaccio di droga. Nelle condanne inferiori ai 6 anni il tossicodipendente può chiedere di tramutare la condanna in un periodo riabilitativo in una comunità disintossicante
Equiparazione enti pubblici e privati per il recupero dei tossicodipendenti
Le quote di stupefacente considerate ad uso personale
1000 milligrammi per cannabis
750 milligrammi per cocaina
250 milligrammi per eroina
750 milligrammi per MDMA (ecstasy)
500 milligrammi per amfetamina
150 microgrammi per Lsd
Con il decreto Legge del 13 novembre 2006 viene innalzato da 500 a 1000 milligrammi il quantitativo massimo di cannabis espresso in principio attivo, detenibile ad uso esclusivamente personale. Pertanto i cittadini che saranno trovati in possesso di quantitativi al di sotto di tale limite potranno essere oggetto solo di sanzioni amministrative senza incorrere nella presunzione di spaccio e nei provvedimenti punitivi che, in base alla legge Fini-Giovanardi, potevano arrivare fino all’arresto e al carcere anche per quantitativi realisticamente ascrivibili ad un uso personale.
Il nuovo valore soglia di 1.000 milligrammi di principio attivo della cannabis deriva dalla moltiplicazione per 40, anziché per 20 come previsto dalla vecchia tabella varata dal precedente Governo, della "dose media singola" che è pari a 25 milligrammi.
Secondo l’attuale legge sulla droga per "dose media singola" si intende la "quantità di principio attivo per singola assunzione idonea a produrre in un soggetto tollerante e dipendente un effetto stupefacente e psicotropo".

Per conoscere i danni provocati dalle droghe, Intrage ti offre un approfondimento suIl falso benessere delle droghe

martedì 17 luglio 2007

Nato a Cinisi, in provincia di Palermo, il 5 gennaio 1948, da una famiglia mafiosa (il padre Luigi era stato inviato al confino durante il periodo fascista, lo zio e altri parenti erano mafiosi e il cognato del padre era il capomafia Cesare Manzella, ucciso con una giulietta al tritolo nel 1963). Ancora ragazzo, rompe con il padre, che lo caccia via di casa, e avvia un’attività politico-culturale antimafiosa. Nel 1965 fonda il giornalino "L'Idea socialista" e aderisce al Psiup. Dal 1968 in poi partecipa, con ruolo dirigente, alle attività dei gruppi di Nuova Sinistra. Conduce le lotte dei contadini espropriati per la costruzione della terza pista dell’aeroporto di Palermo, in territorio di Cinisi, degli edili e dei disoccupati. Nel 1975 costituisce il gruppo “Musica e cultura”, che svolge attività culturali (cineforum, musica, teatro, dibattiti ecc.); nel 1976 fonda “Radio Aut”, radio privata autofinanziata, con cui denuncia quotidianamente i delitti e gli affari dei mafiosi di Cinisi e Terrasini, e in primo luogo del capomafia Gaetano Badalamenti, che avevano un ruolo di primo piano nei traffici internazionali di droga, attraverso il controllo dell’aeroporto. Il programma più seguito era “Onda pazza”, trasmissione satirica con cui sbeffeggiava mafiosi e politici. Nel 1978 si candida nella lista di Democrazia Proletaria alle elezioni comunali. Viene assassinato nella notte tra l’8 e il 9 maggio del 1978, nel corso della campagna elettorale, con una carica di tritolo posta sotto il corpo adagiato sui binari della ferrovia. Gli elettori di Cinisi votano il suo nome, riuscendo ad eleggerlo al Consiglio comunale. Stampa, forze dell'ordine e magistratura parlano di atto terroristico in cui l’attentatore sarebbe rimasto vittima e, dopo la scoperta di una lettera scritta molti mesi prima, di suicidio. Grazie all’attività del fratello Giovanni e della madre Felicia Bartolotta Impastato, che rompono pubblicamente con la parentela mafiosa, dei compagni di militanza e del Centro siciliano di documentazione di Palermo, nato nel 1977 e che nel 1980 si sarebbe intitolato a Giuseppe Impastato, viene individuata la matrice mafiosa del delitto e sulla base della documentazione raccolta e delle denunce presentate viene riaperta l’inchiesta giudiziaria. Il 9 maggio del 1979 il Centro siciliano di documentazione organizza, con Democrazia Proletaria, la prima manifestazione nazionale contro la mafia della storia d’Italia, a cui parteciparono 2000 persone provenienti da tutto il Paese. Nel maggio del 1984 l’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo, sulla base delle indicazioni del Consigliere Istruttore Rocco Chinnici, che aveva avviato il lavoro del primo pool antimafia ed era stato assassinato nel luglio del 1983, emette una sentenza, firmata dal Consigliere Istruttore Antonino Caponnetto, in cui si riconosce la matrice mafiosa del delitto, attribuito però ad ignoti. Il Centro Impastato pubblica nel 1986 la storia di vita della madre di Giuseppe Impastato, nel volume La mafia in casa mia, e il dossier Notissimi ignoti, indicando come mandante del delitto il boss Gaetano Badalamenti, nel frattempo condannato a 45 anni di reclusione per traffico di droga dalla Corte di New York, nel processo alla “Pizza Connection”. La madre rivela un episodio che sarà decisivo: il viaggio negli Stati Uniti del marito Luigi, dopo un incontro con Badalamenti in seguito alla diffusione di un volantino particolarmente duro di Peppino. Durante il viaggio Luigi dice a una parente: "Prima di uccidere Peppino devono uccidere me". Morirà nel settembre del 1977 in un incidente stradale.Nel gennaio 1988 il Tribunale di Palermo invia una comunicazione giudiziaria a Badalamenti. Nel maggio del 1992 il Tribunale di Palermo decide l’archiviazione del “caso Impastato”, ribadendo la matrice mafiosa del delitto ma escludendo la possibilità di individuare i colpevoli e ipotizzando la possibile responsabilità dei mafiosi di Cinisi alleati dei “corleonesi”. Nel maggio del 1994 il Centro Impastato presenta un’istanza per la riapertura dell’inchiesta, accompagnata da una petizione popolare, chiedendo che venga interrogato sul delitto Impastato il nuovo collaboratore della giustizia Salvatore Palazzolo, affiliato alla mafia di Cinisi. Nel marzo del 1996 la madre, il fratello e il Centro Impastato presentano un esposto in cui chiedono di indagare su episodi non chiariti, riguardanti in particolare il comportamento dei carabinieri subito dopo il delitto. Nel giugno del 1996, in seguito alle dichiarazioni di Salvatore Palazzolo, che indica in Badalamenti il mandante dell’omicidio assieme al suo vice Vito Palazzolo, l’inchiesta viene formalmente riaperta. Nel novembre del 1997 viene emesso un ordine di cattura per Badalamenti, incriminato come mandante del delitto. Il 10 marzo 1999 si svolge l’udienza preliminare del processo contro Vito Palazzolo, mentre la posizione di Badalamenti viene stralciata. I familiari, il Centro Impastato, Rifondazione comunista, il Comune di Cinisi e l’Ordine dei giornalisti chiedono di costituirsi parte civile e la loro richiesta viene accolta. Il 23 novembre 1999 Gaetano Badalamenti rinuncia alla udienza preliminare e chiede il giudizio immediato. Nell’udienza del 26 gennaio 2000 la difesa di Vito Palazzolo chiede che si proceda con il rito abbreviato, mentre il processo contro Gaetano Badalamenti si svolgerà con il rito normale e in video-conferenza. Il 4 maggio, nel procedimento contro Palazzolo, e il 21 settembre, nel processo contro Badalamenti, vengono respinte le richieste di costituzione di parte civile del Centro Impastato, di Rifondazione comunista e dell’Ordine dei giornalisti.Nel 1998 presso la Commissione parlamentare antimafia si è costituito un Comitato sul caso Impastato e il 6 Dicembre 2000 è stata approvata una relazione sulle responsabilità di rappresentanti delle istituzioni nel depistaggio delle indagini.Il 5 marzo 2001 la Corte d'assise ha riconosciuto Vito Palazzolo colpevole e lo ha condannato a 30 anni di reclusione. L'11 aprile 2002 Gaetano Badalamenti è stato condannato all'ergastolo. Badalamenti e Palazzolo sono successivamente deceduti.Il 7 dicembre 2004 è morta Felicia Bartolotta, madre di Peppino

mercoledì 11 luglio 2007

Polizia dappertutto, giustizia no! Polizia dappertutto, giustizia no! Polizia dappertutto, giustizia no! Polizia dappertutto! E' certo che nessuno mancherà di notare il duplice vantaggio di una polizia locale l'agente di quartiere dirà all'imprenditore "Se bruci qualche negro non sporcare per favore" Questo è a 120, mannaggia è l'avvocato! questo è a 120, mia cugina col marito questo è a 120 e di santi non ne ha io gli tolgo la patente è per questo che son qua! Polizia dappertutto, giustizia no! Polizia dappertutto, giustizia no! Polizia dappertutto, giustizia no! Polizia dappertutto! Alla mattina sgombero di un'altra palazzina l'immobiliare prospera, la gente va in rovina al pomeriggio scarichi la nuova suoneria faccetta nera prima nelle chart di polizia Questo è a 180, cazzo l'eurodeputato! questo è a 180, presidente del Senato! questo è a 180 è un collega dice dai, c'è una festa sii discreto, ci si vede a Bolzaneto! Polizia dappertutto, giustizia no! Polizia dappertutto, giustizia no! Polizia dappertutto, giustizia no! Polizia dappertutto! Fratello poliziotto che ascolti questa voce può darsi che ti senta ingiustamente maltrattato ma non venirmi a dire che questo è il tuo mestiere che dei diritti umani sei l'alfiere. Fratello poliziotto dai fai la cosa giusta puoi sempre riciclarti come ladro o come artista, puoi stringere un po i denti, lavorare come un mulo o più semplicemente puoi andare a fare in culo! Fratello poliziotto... può darsi che ti senta ingiustamente maltrattato ma non venirmi a dire che questo è il tuo mestiere che dei diritti umani sei l'alfiere. Fratello poliziotto dai fai la cosa giusta puoi sempre riciclarti come ladro o come artista, puoi stringere un po i denti, lavorare come un mulo o più semplicemente puoi andare... ...in giro per il mondo che bello guerreggiare ma non pensare male, è polizia internazionale Portare occupazione, libertà e democrazia portare occupazione, libertà e democrazia, tanti posti di lavoro tutti nella polizia! Polizia dappertutto, giustizia no! Polizia dappertutto, giustizia no! Polizia dappertutto, giustizia no! Polizia dappertutto, Polizia dappertutto, giustizia no! Polizia dappertutto, giustizia no! Polizia dappertutto, giustizia no! Polizia dappertutto!


punkreas fratello poliziotto